Il mal di schiena è il tipo più comune di dolore vertebrale.
I dischi intervertebrali, le articolazioni zigoapofisarie, le sacro iliache, i legamenti, la fascia, i muscoli e le radici nervose si sono dimostrati capaci di provocare dolore a livello lombare, con conseguente lombalgia o sciatalgia.
La diagnosi di ernia discale e di stenosi del canale si pone con l’esame obiettivo, gli esami radiologici ed eventualmente neurofisiologici.
Per quanto riguarda il dolore lombare persistente in assenza di ernia discale e di dolore radicolare i blocchi diagnostici selettivi includono quello delle articolazioni zigoapofisarie lombari, delle articolazioni sacro iliache, la discografia provocativa e, anche se meno frequentemente, i blocchi radicolari selettivi, per la diagnosi di sindromi radicolari complesse.
Il dolore lombare persistente viene trattato, a seconda della diagnosi, con varie tecniche tra cui le infiltrazioni epidurali, la peridurolisi o i trattamenti intradiscali per il dolore di origine discale, sia esso discogenico in senso stretto o secondario a ernia discale, radicolite, stenosi del canale o sindrome post chirurgica. Le procedure sulle articolazioni zigoapofisarie e sulle sacro iliache si utilizzano per il dolore che origina da tali strutture anatomiche.
Il dolore lombare persistente, il dolore riferito agli arti inferiori e il dolore radicolare in senso stretto possono essere secondari a ernia discale, degenerazione discale, stenosi del canale o sindrome post chirurgica, con conseguente dolore di origine discale, con o senza radicolite.
Si parla di ernia del disco quando si osserva la migrazione di materiale discale oltre i confini dello spazio intervertebrale. Tale condizione fu descritta per la prima volta da Mixter e Barr in un articolo comparso nel 1934 sul New England Journal of Medicine. Da allora si è accumulata una vastissima letteratura scientifica sull’epidemiologia, la diagnosi e le modalità di trattamento dell’ernia discale.
Il semplice rilievo radiologico alla risonanza magnetica di un’ernia discale non si accompagna necessariamente a dei sintomi clinici. La prevalenza di un’ernia discale sintomatica è tra l’1% e il 3%, con la massima frequenza nella fascia di età tra i 30 e i 50 anni e un rapporto maschi/femmine di 2:1. All’interno di questa fascia di età circa il 95% delle ernie discali colpisce gli ultimi livelli della colonna: L4-L5 ed L5-S1. Le ernie a livelli più alti sono meno comuni e si osservano soprattutto nei pazienti con più di 55 anni. La prevalenza stimata di radicolopatia lombare o sciatica è stimata a 9,8 per mille casi. Le radicolopatie secondarie ad ernia discale si risolvono spontaneamente rea il 23% e il 48% dei pazienti, mentre tra il 30 e il 70% dei casi avranno ancora disturbi dopo un anno e dal 5 al 15% arriveranno all’intervento chirurgico.
La stenosi del canale vertebrale può essere definita come un restringimento del canale che provoca segni e sintomi causati dall’intrappolamento e dalla compressione delle strutture nervose e vascolari intracanalari. La protrusione o l’ernia dei dischi, combinata con gli osteofiti e con l’artrosi delle articolazioni zigoapofisarie, possono causare il restringimento del canale vertebrale, intrappolamento del contenuto del sacco duale o stenosi foraminali localizzate. La prevalenza della stenosi concentrica del canale vertebrale è del 27,2% nella popolazione generale.
I sintomi della stenosi del canale possono dipendere da un meccanismo neurovascolare come il flusso arterioso a livello della cauda equina, la congestione venosa e l’aumento della pressione epidurale, dall’irritazione delle radici nervose ad opera di un meccanismo infiammatorio locale o dalla compressione diretta all’interno del canale vertebrale. Trattandosi di una patologia multifattoriale la presentazione clinica può essere variabile con presenza o meno di claudicatio, neurogena, che si manifesta come un dolore irradiato alle natiche o agli arti inferiori che compare durante la deambulazione e che scompare sedendosi o flettendo la colonna lombare.
Il dolore persistente e inabilitante alla schiena e agli arti inferiori dopo chirurgia vertebrale può dipendere da molte cause, tra cui la fibrosi epidurale, il sovraccarico delle articolazioni sacro iliache, ernia discale, dolore discogenico, stenosi del canale, aracnoidite, sovraccarico delle articolazioni zigoapofisarie, chirurgia inappropriata.
Per quanto riguarda il ruolo della fibrosi epidurale come causa del dolore dopo chirurgia vertebrale il dibattito scientifico è ancora aperto, dal momento che, mentre alcuni autori descrivono la mancanza di associazione, uno studio ha mostrato che i pazienti con ampia fibrosi epidurale hanno 3,2 volte più probabilità di sviluppare dolore radicolare ricorrente che non quelli con meno esiti cicatriziali. Inoltre studi sperimentali hanno evidenziato segni elettrofisiologici di danno neurologico causato dalla fibrosi cicatriziale epidurale.
Sono state descritte anche molte altre anomalie, come l’intrappolamento meccanico delle radici nervose a opera del tessuto fibroso epidurale nel canale vertebrale, alterazioni del flusso ematico, espressione di citochine pro infiammatorie con irritazione dei gangli delle radici dorsali e conseguente stimolo doloroso. Ulteriori prove sperimentali hanno chiamato in causa lo spasmo dei muscoli paravertebrali, l’allodinia tattile, la fibrosi epidurale e perineurale e le aderenze delle radici nervose ai dischi e ai peduncoli.
In tutti i tipi di dolore discogenico, stenosi del canale o radicolite, il rilievo radiologico di ernia discale o di stenosi del canale non sempre corrisponde al dato clinico di dolore lombare o irradiato all’arto inferiore. Anche un percorso diagnostico basato sulla storia clinica, sull’esame obiettivo e sulle immagini radiologiche alla ricerca di altre cause di dolore come piccole ernie discali possiede una bassa sensitività e specificità nel determinare se il disco o la stenosi del canale sono la causa principale della lombalgia o della sciatalgia.
La discectomia e la decompressione a cielo aperto, con o senza fusione, sono le procedure chirurgiche più frequentemente eseguite per ernia discale, stenosi del canale e sindrome postchirurgica.
Le indicazioni chirurgiche assolute e tassative al trattamento chirurgico sono molto rare, e comprendono i disturbi sfinterici e l’ipostenia progressiva. Abitualmente viene proposto il trattamento chirurgico per ottenere una rapida regressione del dolore e per migliorare il recupero nei pazienti in cui la risposta al trattamento conservativo non è soddisfacente.
Mentre sembra che la chirurgia fornisca un buon sollievo dal dolore con miglioramento dello stato funzionale, soprattutto nel follow up a lungo termine, il ruolo del trattamento chirurgico nelle ernie del disco contenute è limitato. I pazienti con ernia discale contenuta, prevalenza di dolore lombare e storia di fumo di sigaretta hanno la prognosi peggiore.
Il trattamento dell’ernia del disco sintomatica, della stenosi del canale, del dolore discogenico e della sindrome postchirurgica si basa prevalentemente su una terapia conservativa che combini fisioterapia, programmi strutturati di esercizi e farmaci analgesici e antiinfiammatori. Le infiltrazioni epidurali di steroidi e la peridurolisi possono rappresentare tecniche terapeutiche alternative alla chirurgia in pazienti con ernia discale, stenosi del canale lieve o moderata e sindrome postchirurgica.
La diagnostica differenziale si basa sulla storia clinica e sull’esame obiettivo, che comprende l’esame neurologico con valutazione della forza, della sensibilità e dei riflessi e l’applicazione di alcune manovre provocative, come quella Lasègue, che consiste nel sollevare gradualmente l’arto inferiore disteso.
La presenza di sciatica è un criterio molto sensibile per la presenza di ernia discale, così come l’età avanzata lo è per la presenza di stenosi del canale o di fratture da compressione. La presenza di segni obiettivi di ipoestesia è ragionevolmente sensibile, mentre la sensazione soggettiva di intorpidimento non è un segno specifico di radicolopatia.
L’irradiazione del dolore deve essere attentamente interpretata. Il dolore somatico riferito è localizzato soprattutto a livello della natica e della parte prossimale dell’arto inferiore, può essere generato da qualsiasi struttura anatomica della colonna lombare e non va confuso con il dolore radicolare. Si può identificare una serie di fattori che possono aiutare il medico a diagnosticare una sciatica dovuta a ernia discale o a un’altra patologia, mentre la cosa riesce più difficile in caso di dolore non radicolare. Inoltre un dolore radicolare può essere osservato non soltanto in caso di ernia del disco, ma anche di stenosi centrale, foraminale o del recesso laterale o da altre patologie come spondilolistesi, cisti sinoviale, fibrosi epidurale o discopatia.
La stenosi centrale del canale si caratterizza per un dolore da carico che si allevia con il riposo, con la sensazione che le gambe cedano, una sensazione di freddo o di intorpidimento delle gambe, come se fossero fatte di gomma o non appartenessero al paziente, o talvolta un dolore notturno che si attenua camminando. La stenosi del recesso laterale si presenta per lo più senza dolore lombare e raramente con deficit motorio. Ovviamente la diagnosi differenziale si pone anche con l’aiuto degli esami radiologici.
Nei casi più difficili, in assenza di chiari segni radicolari, le procedure diagnostiche possibili comprendono anche i blocchi nervosi selettivi.
I blocchi radicolari selettivi sono infiltrazioni epidurali foraminali che vengono utilizzate per l diagnosi e il trattamento di diverse patologie che provocano dolore alla colonna lombare e agli arti inferiori. Il razionale di queste procedure sta nella considerazione che, se una data radice nervosa è responsabile della sintomatologia dolorosa del paziente, il blocco anestetico di tale radice dovrebbe procurare un sollievo almeno transitorio dei sintomi. Nonostante queste tecniche siano ampiamente utilizzate, la loro selettività anatomica e fisiologica è stata messa in discussione. Secondo i vari studi presenti in letteratura l’accuratezza dei blocchi radicolari selettivi nel determinare il livello sintomatico varia dal 31 al 100%, mentre la specificità e la sensibilità variano dal 45 al 100%.
Il dolore discogenico, da ernia discale, stenosi del canale, radicolite o sindrome post chirurgica possono essere trattati con vari tipi di procedure intervenzionistiche, tra cui le infiltrazioni epidurali e l’adesiolisi percutanea, o peridurolisi.
L’accesso allo spazio epidurale può avvenire per via caudale, interlaminare o transforaminale. Dal momento che esistono differenze sostanziali nelle tecniche e nei risultati queste tre tecniche verranno considerate separatamente.
Infiltrazioni epidurali caudali
In questo tipo di infiltrazioni l’accesso allo spazio epidurale avviene attraverso lo hiatus sacrale, un’apertura naturale che si trova nella porzione più bassa dell’osso sacro, nel quale viene inserito l’ago, in genere sotto guida radioscopica o ecografica.
Secondo la letteratura vi sono buone prove di efficacia per la sciatalgia da ernia discale, discrete per la stenosi del canale, per la lombalgia senza ernia discale e per la sindrome postchirurgica.
Il limite principale di questa metodica è che è poco selettiva, necessita di grandi volumi di farmaci e consente di trattare soltanto le radici più caudali.
Infiltrazioni epidurali interlaminari
In questo caso l’accesso allo spazio epidurale avviene dallo spazio interlaminare, attraverso il legamento giallo. Questa tecnica consente di trattare potenzialmente qualsiasi livello e, se eseguita sotto guida radioscopica o ecografica, permette una discreta selettività.
Secondo la letteratura vi sono buone prove di efficacia per la sciatalgia da ernia discale, discrete per la stenosi del canale e per la lombalgia senza ernia discale.
Infiltrazioni epidurali foraminali
Questa tecnica prevede l’accesso allo spazio epidurale attraverso il forame di coniugazione. Se eseguite sotto guida radioscopica o ecografica consentono un’elevata selettività, sia di livello che di lato, e il conseguente utilizzo di una dose di farmaci ridotta.
Le prove di efficacia sono buone per la sciatalgia da ernia discale, discrete per la stenosi del canale e scarse per la lombalgia senza ernia discale.
Adesiolisi percutanea (peridurolisi)
La peridurolisi è una procedura più complessa della semplice iniezione epidurale di steroidi. Infatti la sua esecuzione prevede l’utilizzo di un catetere epidurale (catetere di Racz) che viene introdotto mediante un ago per via caudale, o talvolta interlaminare, e posizionato con elevata selettività sotto guida radioscopica e con l’ausilio della peridurografia in corrispondenza dell’esatto livello a cui si trovano le aderenze da trattare. Attraverso il catetere si possono infondere vari farmaci, tra cui steroidi, soluzione fisiologica, anestetico locale e ialuronidasi.
Le prove di efficacia sono discrete sia per il trattamento del dolore assiale e radicolare da sindrome postchirurgica, sia per il dolore assiale e radicolare da stenosi del canale.
Sulla base dei dati presenti in letteratura scientifica la peridurolisi è raccomandata nei pazienti con sindrome postchirurgica e con stenosi del canale lombare dopo il fallimento della terapia conservativa con fisioterapia, farmaci e iniezioni epidurali di steroidi.
Dolore faccettario
Le articolazioni zigoapofisarie lombari, dette anche meno propriamente articolazioni faccettarie, sono delle articolazioni pari che stabilizzano la colonna vertebrale e al contempo ne consentono il movimento. Molti studi controllati hanno identificato nei dischi intervertebrali, nelle articolazioni faccettarie e nelle articolazioni sacro iliache delle potenziali sorgenti di dolore lombare, eventualmente riferito agli arti inferiori.
Le articolazioni faccettarie sono innervate dalla branca mediale del ramo dorsale. Il sovraccarico delle articolazioni può provocare dolore persistente, attraverso un meccanismo di tipo infiammatorio. Anche se le articolazioni zigoapofisarie possono essere ben visualizzate alla TC e alla risonanza magnetica, non esiste un segno radiologico specifico riferibile al dolore di origine faccettarla e spesso la diagnosi di questo tipo di dolore è esclusivamente clinica. Dal momento che le caratteristiche e la distribuzione del dolore sono spesso simili a quello discogenico, le infiltrazioni delle articolazioni zigoapofisarie possono avere un valore diagnostico importante.
Dal punto di vista terapeutico l’uso delle iniezioni intrarticolari di steroidi, con o senza anestetico locale, in genere sotto guida radioscopica o ecografica, è frequentemente impiegata e in genere è efficace almeno nel breve periodo, anche se in letteratura le prove di efficacia sono limitate.
Una procedura con buone prove di efficacia sia nel breve che nel lungo periodo è invece la denervazione delle articolazioni faccettarie.
Tale procedura ha come bersaglio la branca mediale del ramo dorsale che, come si è visto, fornisce l’innervazione sensitiva dell’articolazione, viene di norma eseguita sotto guida radioscopica o ecografica e utilizza un ago a radiofrequenza che inattiva le fibre nervose per mezzo del calore.
La denervazione delle articolazioni faccettarie viene solitamente preceduta da una o più sedute di blocchi diagnostici con anestetico locale.
Dolore da articolazione sacro iliaca
L’articolazione sacro iliaca può essere una potenziale sorgente di dolore localizzato alla schiena o al gluteo, riferito o meno anche all’arto inferiore. L’innervazione sensitiva e propriocettiva di questa articolazione è assai ricca e viene dalle radici nervose lombosacrali sia dorsali che ventrali.
Anche nel caso del dolore da articolazione sacro iliaca le indagini neuroradiologiche sono frequentemente normali o danno dei reperti aspecifici e la diagnosi è sostanzialmente clinica. Nonostante esistano diverse manovre semeiologiche che possono portare alla diagnosi di dolore da articolazione sacro iliaca, la loro specificità e riproducibilità è scarsa e spesso per confermare la diagnosi è opportuno ricorre ai blocchi diagnostici.
Le prove di efficacia di queste procedure sono molto buone. Il criterio per la positività del test è la scomparsa o la riduzione di almeno il 75% del dolore, oppure la possibilità di eseguire senza dolore movimenti che prima lo provocavano.
Per quanto riguarda le procedure terapeutiche sono da citare l’iniezione intra- o periarticolare di steroidi, con o senza anestetico locale, in genere eseguita sotto guida radioscopica o ecografica, e la denervazione con radiofrequenza.
Quest’ultima procedura, analoga a quella che si esegue sulle articolazioni faccettarie, nonostante sia particolarmente indaginosa proprio in virtù della ricca innervazione dell’articolazione sacro iliaca, possiede in letteratura scientifica delle buone prove di efficacia.